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Il concetto di economia circolare è ormai prevalente nella discussione sull'economia futura, considerato essenziale per una ripresa economica sostenibile.
Tuttavia, le problematiche ambientali legate alla scarsità di risorse naturali e alla loro distribuzione iniqua, amplificate dalla crescita esponenziale della popolazione mondiale, pongono sfide complesse che trasformano questioni ambientali in problemi economici, sociali e politici.
Nonostante gli sforzi per passare a modelli di produzione e consumo circolari, ci sono ancora ostacoli significativi per completare questa transizione. Un rischio primario per l'economia circolare deriva dalla dicotomia tra eco-efficienza ed eco-efficacia.
Questi due concetti devono essere bilanciati correttamente per sviluppare veri processi circolari.
Chiudere i circuiti di un processo circolare senza tenere conto delle esternalità e delle conseguenze indirette può risultare insostenibile dal punto di vista ambientale e socio-economico.
Questo approccio può rendere i progetti solo apparentemente circolari senza aderire realmente ai pilastri della sostenibilità.
Tali punti ciechi, o blind spot, possono annullare l'effetto circolare del processo, come dimostrano esempi di edifici ad alta efficienza energetica con pessima qualità dell'aria interna o di abbigliamento in pile da fibre di PET riciclato che inquinano più delle bottiglie di plastica.
I punti ciechi emergono quando un approccio circolare non è sostenibile, privilegiando il progetto economico sul contesto locale.
Ciò si verifica, per esempio, quando processi circolari avallano pratiche insostenibili come la fast fashion, ignorano la domanda effettiva del mercato o trascurano impatti ambientali locali come l'introduzione di specie aliene.
Inoltre, esternalità ambientali e socio-economiche non considerate possono peggiorare situazioni già critiche, come le bioraffinerie che utilizzano olio di palma proveniente da deforestazioni.
Soprattutto, l'economia circolare si rivela inefficace quando non apporta benefici economici alla comunità locale, non investe nel capitale umano e sociale locale o trascura la lunghezza della catena di approvvigionamento, aumentandone la vulnerabilità. La pandemia ha evidenziato la necessità di accorciare le catene di approvvigionamento, migliorando la resilienza delle comunità per affrontare eventi imprevisti e disastrosi, tra cui i cambiamenti climatici.
Ciò richiede una rivoluzione nei modelli di business verso una crescita locale più sostenibile, con un focus sull’eco-design e l’individuazione dei punti oscuri della progettazione.
È essenziale bilanciare eco-efficacia ed eco-efficienza con indicatori qualitativi e di performance per concretizzare la circolaritá nei prodotti, nei processi, nei modelli di business e nel contesto territoriale.
Ciò implica una riprogettazione completa degli attuali modelli economici in direzione dell’integrazione tra aziende, ambiente e comunità locali.
Sviluppare un modello circolare urbano o territoriale può valorizzare opportunità di business che supportino la biodiversità e la funzionalità dei servizi ecosistemici.
Infine, incrementare il capitale naturale e aziendale attraverso distretti produttivi circolari e consolidare il capitale sociale e umano riscoprendo saperi tradizionali sono passi essenziali per la sostenibilità locale.
È ormai un argomento mainstream: che la ripresa economica sarà legata all’applicazione dell'Economia Circolare è indubbio e sempre più anche la stampa sta prendendo atto del nuovo orientamento delle politiche economiche europee. Sappiamo che le principali problematiche ambientali sono legate alla limitatezza delle risorse naturali e alla loro distribuzione iniqua, mentre la popolazione mondiale è in crescita esponenziale: è così che una questione ambientale guidata dagli attuali modelli lineari, si trasforma in una questione economica, che si trasforma in una questione sociale che finalmente diventa un problema politico. Ma, pur nella bontà dei nostri sforzi verso la creazione di nuovi modelli di produzione e consumo circolari, qualcosa ancora ci manca per completare la vera rivoluzione verso la circolarità.
Oggi il rischio principale per l'Economia Circolare è legato alla dicotomia tra eco-efficienza ed eco-efficacia, due concetti che, come ben evidenziato da McDonough & Braungart, sono due facce della stessa medaglia e devono essere correttamente bilanciati per innescare veri processi circolari. Cercare infatti di chiudere a tutti i costi i circuiti di un processo circolare, senza prestare attenzione al risultato finale e alle conseguenze indirette prodotte, come le esternalità che sono parte integrante del processo di cambiamento, può risultare potenzialmente insostenibile per l'ambiente o per il contesto socio-economico locale. Ciò porta sì, a qualificare un progetto come "circolare" (eco-efficiente), ma a tutti gli effetti rimane lontano dai paradigmi - pilastri - della sostenibilità (eco-efficacia). Si parla quindi di Punti Ciechi o Blind Spot, come fasi concettuali di un progetto che non vengono considerati, ma che di fatto attenuano o in alcuni casi annullano l'effetto circolare del processo stesso.
Per esempio, puntare solo sull'efficienza energetica e dei materiali nei processi produttivi potrebbe portare a risultati indesiderati: è il caso di qualche edificio ad alta efficienza energetica senza finestre, in cui la qualità dell’aria interna regolata da un sistema di condizionamento ad alte prestazioni, si è dimostrata molto bassa.
Un altro esempio può essere la produzione di giacche di pile da bottiglie di PET riciclato, azione certamente degna di merito, ma cieca nel fatto che i pile nella lavatrice, se non inseriti in una busta ad hoc che trattiene le microfibre rilasciate dal lavaggio, inquinano di più del lasciare la bottiglia alle intemperie.
I Punti Ciechi o Blind Spot si verificano ogni volta che l'economia circolare non è sostenibile, ogni volta cioè, che il progetto di un processo "circolare" prevale sul contesto sociale, economico e ambientale del territorio.
I "punti oscuri" dell’economia circolare si possono riscontrare in questi casi:
Durante questa pandemia abbiamo, nostro malgrado, fatto i conti con una serie di inefficienze causate da anomalie di pianificazione che hanno riscritto la mappa delle necessità a cui, come collettività, dobbiamo far fronte per assorbire i colpi che arrivano da eventi imprevisti e devastanti come quello ancora in atto.
La pandemia di Covid-19 ha definitivamente dimostrato che dobbiamo accorciare le catene di approvvigionamento, specialmente quelle critiche per la sopravvivenza delle persone, puntando a migliorare la resilienza (trasformativa) delle comunità e dei territori verso eventi disastrosi, che contemplano non solo le pandemie, ma anche l’impatto dei cambiamenti climatici su scala globale e soprattutto locale.
Nella rivoluzione, che ci vede tutti protagonisti, verso modelli di business circolari, sempre più orientati alla crescita locale dei territori e al consolidamento della sostenibilità nelle strategie aziendali, non basta più solo progettare seguendo i canoni dell'Eco-design ma è necessario individuare i punti oscuri della progettazione.
Per ottenere una circolarità reale è necessario trovare il modo giusto per bilanciare eco-efficacia ed eco-efficienza, definendo indicatori qualitativi e non solo indicatori di performance.
Implementare la circolarità non solo nei prodotti o nei processi, ma anche nei modelli di business e nel contesto territoriale locale, rende il concetto di circolarità veramente sostenibile.
Ecco quindi le linee di indirizzo per chi si appresta a creare in modo circolare e sostenibile un prodotto o un servizio: